Stefano Divizia

Stefano Divizia

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L’opera di Stefano Divizia si colloca all’interno di quel contenitore eterogeneo a cui spesso ci si riferisce con il termine di post-graffitismo. Il tratto essenziale di questo genere è il desiderio di portare in galleria le sensazioni, le emozioni e le percezioni che sono generate dall’incontro in strada coi graffiti o altri generi di street art.

In effetti, la maggior parte degli esponenti del post-graffitismo condividono un passato da writer e “la strada” ha plasmato le loro sensibilità, influenzandone le preferenze artistiche ed estetiche. Divizia non fa eccezione e con le sue opere porta negli spazi istituzionali un frammento delle sue esperienze di esploratore e artista urbano. Quel che caratterizza in modo originale l’opera di Divizia è la strategia attraverso cui fa vivere la strada in galleria. Il muro funziona da fulcro della sua ricerca artistica, ed è proprio attraverso la presentazione di un muro quasi-dipinto, realizzato su tela e incorniciato, che l’artista rompe le barriere dello spazio espositivo aprendo una breccia che ci mostra il mondo che sta fuori. Con quello che è stato chiamato realismo materico, Divizia trasforma la tela nel suo alter-ego urbano – il muro – e, attraverso una tecnica particolare che ricrea le qualità percepibili delle pareti delle nostre città e case, ci trasporta nella sua realtà di artista urbano. All’elemento realistico e materico si affianca un aspetto espressionistico carico di nostalgia. I muri quasi-dipinti che Divizia crea con le sue composizioni sono infatti muri segnati dal tempo, dalle superfici graffiate e instabili, che a volte sembrano vicine allo sgretolamento e al diventare polvere. E qui non si può non pensare alla biografia dell’artista, che è cresciuto all’Aquila – città che ha vissuto la tragedia del terremoto. In quei muri, possiamo vedere il ricordo di come era la città – antica, come i suoi muri – e un presentimento di quel sisma che l’avrebbe sconvolta.

Nei graffiti che Divizia a volte include in quei muri e che sembrano scomparire di fronte ai nostri occhi, facciamo esperienza di quella nostalgia: “I graffiti, al momento, non hanno senso a L’Aquila,” così Divizia mi ha confessato mentre passeggiavamo per le strade del centro della sua città, sottolineando come in quella devastazione il gesto ribelle di un writer sia in questo momento senza significato.Tuttavia, esiste anche un elemento di speranza: sebbene graffiati, segnati dal tempo e precari – come lo sono tutte le nostre vite – i muri non sono crollati.

Quelli di Divizia sono muri che stanno ancora in piedi, che vogliono stare ancora in piedi. Ed è forse questa la lezione più profonda della sua arte.

Andrea Baldini PhD Associate Professor – Art Institute of Nanjing University, Cina